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Le zone erronee del leader autoritario

Società Italiana Coaching AziendaleNews Le zone erronee del leader autoritario

Le zone erronee del leader autoritario

Perché l’autorevolezza è tanto benefica rispetto all’autorità?

Ci sono alcune zone erronee del leader autoritario che meritano di essere analizzate, andiamo a vederne due nello specifico.

 

L’imposizione del proprio pensiero e il non sapere di non sapere.

 

 

Se sei in una posizione di responsabilità e sei consapevole che una determinata istruzione o soluzione è quella corretta non hai bisogno di imporla dall’alto della tua posizione, perché sai che è quella giusta e ti basta spiegarla ai tuoi collaboratori.

L’unico problema che sorge è quella di farla capire a chi collabora con te e qui nascono due complicazioni. Riuscire a spiegarla ed argomentarla.

Quest’ultima richiede un mix tra conoscenza ed esperienza e se questa condizione non si verifica si procede con il piano B, ossia l’imposizione data dall’alto della posizione occupata. Questo è un tratto tipico di chi applica una leadership basata sul paradigma comando-controllo. Molto spesso chi è autoritario preferisce imporre, invece che spiegare e molto probabilmente questo avviene anche perché sovrastima le proprie capacità.

 

Nel 1999 David Dunning e Justin Kruger pubblicarono insieme il lavoro “Unskilled and Unaware of It: How Difficulties In Recognizing One’s Own Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments” che è più comunemente conosciuto come Effetto Dunning-Kruger”.

In questo studio è stato identificato come le persone che non sanno di non sapere amplifichino la propria percezione di sapere.

Nel campione delle persone oggetto dello studio, i “bottom performers” (ossia il campione delle persone che hanno avuto un basso risultato), non solo si valutano in maniera molto lusinghiera, ma non hanno idea dell’ampiezza del settore in cui ritengono di essere esperti e del quale ritengono di essere al di sopra della media. È quindi la non conoscenza della propria non conoscenza che risulta dannosa.

 

D’altro canto lo studio evidenzia, che i “top performers” non avendo grosse difficoltà nel fare ciò che fanno, ritengono che anche gli altri si trovino nella stessa situazione. E da qui una sottostima percettiva di quello che conoscono e sanno fare.

 

E allora in che modo questo si lega ad una leadership autoritaria?

 

L’autorità, nasconde spesso la percezione di sapere tutto del proprio campo e la concezione di essere i migliori, nonché sovrastimare la propria conoscenza e le proprie capacità. Quando eravamo piccoli e andavamo a scuola ci hanno detto che dovevamo imparare la matematica e cosi abbiamo iniziato a studiarla. Ma abbiamo iniziato a studiarla solo dopo che ne abbiamo scoperto la sua esistenza. Pertanto appena abbiamo scoperto dell’esistenza di una cosa chiamata matematica siamo diventati consapevoli di non sapere la matematica. Prima di scoprire invece che esistesse, non sapevamo della sua esistenza.

 

Capita che il leader autoritario applichi questo salto quantico, provocando una sovrastima delle proprie capacità creando attorno a se un clima rigido, in cui la libera espressione dei collaboratori viene compromessa e ricerchi unicamente la propria ragione.

L’autorevolezza non ha motivo di essere autoritaria, perché si esprime con modalità spesso accoglienti e collaborative, non è basicamente autoreferenziale e nel lungo periodo genera un clima di crescita e cooperazione in grado di portare benefici al gruppo.

 

Ecco perché è preferibile adottare una leadership autorevole piuttosto che autoritaria. Con l’autorità, alle persone non viene dato lo spazio per muoversi, facendole così sentire automaticamente limitate e libere di esprimersi, generando quindi basse performance sotto ogni aspetto, sia quello professionale che personale. Diversamente con un approccio più accogliente, che è non ha niente a che vedere con l’assenza di regole e l’eccessiva permissività, si genera un ambiente di pro-attività e cooperazione che altrimenti non sarebbe possibile e dal quale l’intero sistema azienda non può altro che giovarne.

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    bellissimo e interessante articolo, fa riflettere e porta a una analisi che ispira il cambiamento, in tutti gli aspetti in cui essere autorevoli risulta decisamente meglio che essere autoritari. Chapeau.

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